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LE INTERVISTE

di

Mattia Lattanzi

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PIER PAOLO DAINELLI

Dalla passione per i film giapponesi alle tecniche del linguaggio cinematografico; quale sono i suoi progetti futuri?

La mia passione per il cinema è nata in tenera età per cause piuttosto strane in verità. Tutti bambini sono appassionati di dinosauri e ricordo che rimasi folgorato dalla visione su una tv privata di un film della serie di Godzilla. Ma nella mia testa scattò una molla strana: come hanno fatto a realizzarlo? Per rispondere a questa domanda nella mia testa di bambino iniziai a pensare a tutta una serie di possibili soluzioni che a ripensarci avevano molto poco a che fare con le tecniche cinematografiche. Però tutto questo fantasticare mi portò a una considerazione vera: il cinema è finzione e permette di creare tutto o quasi tutto dal niente, grazie all'inventiva più sfrenata. Questa possibilità di inventare e costruire mondi fantastici mi fece innamorare perdutamente del cinema. Un'amore che non ha conosciuto crisi e che dura ancora oggi tanto da spingermi a presentare ogni settimana “I B-Movie di Tvr-Teleitalia” nella speranza che anche altri siano travolti dalla magia del cinema. Con il tempo questo amore è stato ricambiato e il cinema mi ha fornito anche un lavoro. Infatti da oltre dieci anni mi occupo della realizzazione di audiovisivi e ho avuto la fortuna di essere coinvolto in progetti esaltanti come quello di portare il cinema nelle scuole di tutta la Toscana con Firenze Festival. Nel prossimo futuro grazie alla collaborazione con importanti enti internazionali la metodologia della Scuola di Cinematografia di Firenze Festival che così tanto successo ha avuto nella nostra regione, sarà applicata anche in altre nazioni. Quindi avrò modo di lavorare con bambini e ragazzi che vivono in zone molto meno fortunate delle nostre.


Il suo film preferito in assoluto e perché?

I film che amo sono molti. Sono uno spettatore vorace ma alla fine mi ritrovo a guardare gli stessi film. Uno di quelli che mi ritrovo a vedere più spesso è “Il Boom” (1963) di Vittorio De Sica. E’ un film sfortunato che alla sua uscita sollevò molte polemiche e critiche ma che invece si è rivelato sinistramente profetico: Giovanni Alberti (Alberto Sordi), imprenditore edile senza fortuna, è costretto a vivere al di sopra delle proprie possibilità negli anni del boom economico per compiacere la moglie (Gianna Maria Canale). Nel tentativo di risollevare le proprie sorti e liberarsi dei debiti, dopo aver chiesto aiuto a tutti i suoi conoscenti decide infine di mettere in vendita un occhio. Per carattere sono sempre portato a vedere le tenebre anche nelle più luminose giornate di sole, ed è forse per questo che amo questo film. De Sica negli anni del boom economico riuscì a capire che oltre l’apparente bagliore del benessere c’era una meschinità, una corsa al superfluo e al denaro che ci avrebbe condotto alla rovina. E così è stato. Inoltre questo film affronta le disavventure del protagonista con un humor nero a livelli al limite del tollerabile. Oltretutto nel cast è presente una delle icone assolute del nostro cinema: Gianna Maria Canale. Una donna dalla bellezza straripante che fu l’eroina di molti dei film peplum girati nel nostro paese. Da sottolineare che fu anche la prima donna-vampiro del nostro cinema nel primo horror realizzato in Italia: “I vampiri” (1957) di Riccardo Freda.

La sua passione per il cinema quando è nata?

Ho due ricordi indelebili uno strettamente cinematografico e uno televisivo: Godzilla che lotta contro una farfalla gigante nel più bello dei Kaiju-Eiga (film di mostri giganti) mai realizzati, “Watang! Nel favoloso impero dei mostri” (1964) di Ishiro Honda e una sigla TV che apriva le trasmissioni di Tele Monte Carlo. Era una sigla assolutamente psichedelica con il logo di Tele Monte Carlo che si muoveva a tempo di musica. Mi ricordo che a sei anni aspettavo con ansia le 17.00 per vedere questa sigla. Penso che se oggi faccio come lavoro il montatore video la colpa sia anche di quella sigla e del fascino che esercitò su di me. “Watang! Nel favoloso impero dei mostri” è stato invece definito la quintessenza del cinema di mostri dove una scatenata partitura musicale composta da uno dei più grandi compositori giapponesi, Akira Ifukube, si fonde perfettamente con le immagini dai colori magniloquenti inscenate dal geniale Ishiro Honda. Questo regista che è sempre stato il braccio destro di Akira Kurosawa, amava profondamente questi film e per questo amore ha sicuramente rinunciato a una carriera che lo avrebbe consegnato alla storia del cinema mondiale.

 
Si usa il termine B movie per prodotti di scarsa qualità, in realtà non sono prodotti di scarsa qualità, vero ?

Assolutamente no. Il B viene solitamente indicato per definire un prodotto di secondo piano e a basso budget. In realtà i francesi hanno identificato il B come Bis, inteso come il “doppio”, “l’altro cinema” e infine “il vero cinema”. A detta di molti i troppi mezzi hanno ucciso la creatività e la libertà di espressione. Il cinema a basso costo deve necessariamente basarsi sulle idee che non costano niente ma che sono difficili a trovarsi se non si ha una certa abilità e intelligenza. Il cinema di serie B o i B-movies sono quindi una garanzia che chi si è cimentato con quel genere di produzioni ha sicuramente fatto entrare in moto il cervello per sopperire alla mancanza di mezzi. E quando l’inventiva entra in azione è sempre una garanzia di riuscita. Gli autori che hanno lavorato in situazioni economicamente difficili sono molti e alcuni hanno firmato opere che sono rimaste nella storia del cinema. Uno degli autori che sicuramente mi ha affascinato di più è sicuramente Roger Corman. Era capace di girare un film in tre giorni (“La vergine di cera” – 1963) e a volte in un week-end (“la piccola bottega degli orrori” – 1960) con risultati straordinari. Per non parlare di Mario Bava: gli attori arrivavano sul set e allibiti chiedevano dove fosse il set, invitati a guardare dentro la macchina da presa rimanevano folgorati dalle immagini magniloquenti create con vetri e carta stagnola.

Il suo esordio televisivo si deve ad una amicizia nata sui banchi universitari, vero ?

Non esattamente, ma in pratica è come se lo fosse. Io e Elisangelica Ceccarelli abbiamo frequentato gli stessi corsi universitari di filologia e critica dantesca ma senza mai incontrarci. In realtà la nostra amicizia nacque quando volli conoscerla dopo che da anni la seguivo in “grande cinema”. Quando poi aprii il mio studio di produzioni televisive iniziai a collaborare con TVR e  Elisangelica rimase incuriosita dal mio continuo frugare negli archivi di TVR alla ricerca di film strani e insoliti. Da lì a ritrovarmi in tv a presentare i “b-movie di TVR” il passo fu molto breve. E fu un’idea tutta sua. Da parte mia ne fui onorato perché per me fu un modo di rendere omaggio a TVR che per tanti anni mi aveva fatto compagnia nelle mie notti insonni con la sua programmazione fatta di film incredibili. In realtà i “B-movie di TVR” c’erano sempre stati.

Mattia Lattanzi

                                    
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