Lei Igor Righetti è pronipote di Alberto Sordi, ma è anche giornalista. Tutti conosciamo il lato pubblico di Sordi. Ci racconti qualcosa del Sordi privato. Quante volte vi vedevate, cosa le diceva?
Non era certo lo zio della domenica che veniva a trovarti tutte le settimane. Lui lavorava tantissimo, passava da un film ad un altro. Pochi sanno che albertone è stato anche un grande autore, in quanto questo personaggio lo ha inventato lui, i registi e gli sceneggiatori lavoravano su quella falsa riga. Non dimenticherò mai quando mi diceva che la radio è un mezzo fantastico che ti permette di liberare la fantasia. Fu lui a darmi le tecniche e i consigli per fare del “ComuniCattivo” un programma che si ricordasse. Mi stimolò a frequentare la scuola di recitazione, a studiare canto, a sperimentare la radio. Non mi ha mai incoraggiato a fare televisione sulla quale era molto critico. Diceva che in tv il culto dell’apparire stava prendendo il sopravvento sui contenuti e sul vecchio mito della maestra televisione. Tant’è che questo suo modo di vedere la tv è stato anche oggetto di alcune sue interpretazioni cinematografiche, come quella nel film “I complessi”, in cui interpretò Guglielmo Bertone, detto dentone, un aspirante giornalista televisivo con una dentatura spropositata che, nonostante la sua preparazione, costituiva un grande problema per la sua assunzione come lettore del telegiornale della sera. Per lui la famiglia era sacra e temeva la tv, la vedeva come una minaccia della famiglia nei rapporti sociali. La definiva una scatola che si intrometteva tra i singoli individui costringendo i pensieri. Anche questa volta aveva ragione, ormai si parla sempre meno nelle famiglie e ciascuno guarda il suo programma preferito in una stanza diversa. Se oggi fosse ancora tra noi e vedesse alcuni dei programmi che vanno in onda mi direbbe: “Che te dicevo io, la tv è una brutta bestia, c’ho sapevo”. Beato lui che non ha avuto bisogno di scendere ai compromessi della televisione: quando nacque la tv era già famoso. E cosa dire del film “Tutti dentro”, di cui è stato anche regista, nel quale ha anticipato gli avvenimenti di tangentopoli. Una dimostrazione ulteriore di quanto era acuto ed analitico osservatore della società italiana. Era semplice, non amava la mondanità, nè il gossip, un artista vero, creativo, con una grande personalità che ha dedicato la sua vita al pubblico, e che per questo non lo dimenticherà mai. Maurizio Costanzo mi ha detto che una volta Dustin Hoffman ha affermato che “quello che ha imparato di comico lo deve ad Alberto Sordi”. Mio nonno Primo gli regalò il primo smoking che Albertone indossò in uno spettacolo teatrale, facendogli trovare anche un po’ di denaro in tasca. Poco, quello che poteva dargli. E Albertone gliene fu sempre grato, tanto che anni dopo, quando mio nonno si paralizzò, provvide a farlo curare da un luminare della scienza e al suo ricovero in una clinica di lusso. Il tutto a sue spese. E poi che dire del peso che ha avuto la presenza di Alberto su mio padre Alessandro, diventato scultore a seguito dei tanti pupazzetti di gesso del presepe fatti con Sordi per la sua parrocchia. La sua parrocchia che mio padre frequentava con lui ma minore di lui di dieci anni. Mio padre era il suo capoclaque, cioè colui che faceva partire gli applausi nei teatri. Alberto, sin da giovanissimo aveva visto il suo futuro nella recitazione. Quando smise di studiare per rincorrere i suoi sogni artistici, il padre Pietro provò a farlo lavorare presso uno zio che dirigeva alcuni lavori alla costruenda metropolitana di Milano, ma ben presto questo zio, che si chiamava Zocchi, comunicò alla famiglia che Alberto era negato per lavori manuali e che venissero a riprendersi il loro ragazzo.
Sicuramente le sarà accaduto di scrivere qualche pezzo su Alberto Sordi. Quando le hanno affidato il pezzo, il suo capo sapeva del suo grado di parentela, e che cosa ha scritto ?
Non ho mai sbandierato la mia parentela con Albertone. Era notoriamente geloso della sua vita privata. Il suo particolare riserbo riguardava anch i suoi parenti, incluso me.
Nessun altro autore, attore e regista italiano, ha saputo raccontare l'Italia e gli italiani come Alberto Sordi. Un suo giudizio da comunicatore?
Con un mio aforisma posso dire che è stato il più grande uomo a rappresentare l’uomo medio italiano.
Perché l’Italia e gli italiani, secondo lei, amano ancora l’albertone nazionale?
Perché era talmente avanti da essere ancora e sempre attualissimo. I suoi personaggi, prepotenti con i deboli e servili con i potenti, a cui cercano di mendicare qualche misero privilegio, continuano a vivere nei suoi oltre 190 film. Non è ancora cambiato nulla. In oltre 60 anni di carriera ci ha rappresentato per quello che siamo e che alcuni avrebbero preferito non essere. Ci ha costretti allo specchio e a volte ci ha fatto vergognare di noi stessi. Ha sottolineato le nostre bassezze, i difetti e le virtù che ci divertono molto perché ognuno di noi pensava che riguardassero gli altri e non se stessi.
Mattia Lattanzi
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