Poggi, come è nata l’idea del libro sul cinema Universale?
Una esigenza storiografica. Nell'ormai lontano 2001 imperava a Firenze la discoteca Universale, erede nominale di quello che era stato il cinema Universale. Solo il nome e l'ubicazione fisica però accumunava questi due luoghi che nella sostanza erano assai diversi, uno, una discoteca alla moda, l'altro un cinema d'essai che, a suo modo, aveva segnato la vita culturale della nostra città. Ma le nuove generazioni sapevano ben poco della gloriosa sala di via Pisana, e da qui nacque la necessità in me di fermare sulle pagine quello che era il vero Universale.
Si aspettava che dal suo libro venisse tratto un film ?
Beh, sinceramente sì. L'argomento si prestava per una trasposizione filmica, se a questo si aggiunge che, insieme ad amici, mi sono occupato della produzione del film, la risposta è ovvia.
Un film, che come il libro, è diventato un “caso” nazionale?
Una "sfavorevole" congiuntura "storico culturale" ha aiutato il successo dell'opera. Purtroppo stiamo assistendo alla progressiva chiusura delle sale cinematografiche di periferia, e non solo, in tutte le città d'Italia e un naturale sentimento d'affezione rispetto a questi luoghi è vivo in tutto il paese. Ecco, credo, che il successo dell'Universale, oltre hai suoi naturali meriti, sia da imputare a questo vuoto culturale che, purtroppo, sta progressivamente inaridendo il panoramo cinematografico italiano, e l'Universale ha suo modo è diventato il simbolo di una "resistenza".
Tante critiche, soprattutto positive. Tra le tante, anche di non giornalisti, quali sono quelle che l’hanno particolarmente colpita?
Quelle di tanta gente "comune" che aveva da obbiettare... "Manca questo..." oppure "Non è andata così...", o "Io ci dovevo essere...". Per quante ragioni potessero avere tali interlocutori, le loro recrimanazioni erano segno evidente che il nostro lavoro aveva colto l'essenza del cinema, e che queste persone erano solo dispiaciute del fatto di non essere presenti sullo schermo.
Micali, come è nata l’idea di trarre un film sul cinema universale dal libro di Matteo Poggi ?
Vivendo a Firenze sono cresciuto anche io con il mito dell'Universale, un mito che ho potuto soltanto sfiorare avendo varcato la porta della sala di via pisana soltanto una volta, quel tanto che è bastato per capire quello che mi ero perso.
Quando mi è stato proposto di fare il film ho quindi subito aderito all'idea con entusiasmo e in qualche modo il fatto di non averlo frequentato è stato un vantaggio da un punto di vista drammaturgico perchè ho potuto raccontare la storia dell'Universale attraverso le voci di quelli che l'hanno vissuto, senza sovrapporre mai quella che poteva essere la mia esperienza personale.
Come avete lavorato per realizzare tale film ?
All'inizio abbiamo lavorato sulla memoria della città nei vari periodi trattati, dagli anni 60 alla chiusura nel dicembre 1989, atraverso interviste, incontri e anche trasmissioni radiofoniche grazie a Controradio. Da queste e dal libro di Matteo ho scritto un trattamento che comprendesse tutti i passaggi salienti del film che avremmo girato.
Poi però quando siamo andati a girare le interviste - con oltre 70
persone - ci siamo tenuti liberi dai vincoli e abbiamo lasciato parlare gli intervistati il più liberamente possibile: questo è sicuramente uno dei vantaggi maggiori che hai quando giri in digitale, dato i costi dei materiali ti consentono di spaziare con tranquillità. Quindi il lavoro più intenso è stato in montaggio, dove abbiamo dovuto ritrovare il filo iniziale arricchendolo di tutto quanto era venuto fuori via via. Ed è stato tanto più difficile in quanto non utilizziamo una voce fuori campo, ma le interviste sono intersecate tra loro come fossero una voce unica: la voce della sala. Yuri Parrettini che è il montatore del film ha fatto un lavoro immenso per quasi un anno ed è da considerarsi in tutto e per tutto un coautore del film.
Quello che ci premeva poi era dare un ritmo molto serrato alle interviste per non avere la sensazione di assistere ad un film solo di "teste parlanti", e in questo senso sono state importanti anche le foto e i materiali d'archivio sulla città nonchè le animazioni realizzate da Giacomo Salizzoni.
Molto è anche il materiale rimasto fuori ?
Indubbiamente si. Potremmo fare un atto secondo e un atto terzo. Però era necessario fare dei sacrifici per mantenere una linea narrativa che funzionasse e che non si perdesse troppo. E comunque 73 minuti sono già un bel minutaggio per un film che non ha potuto contare di materiale di repertorio sulla sala.
Si aspettava che il film diventasse un “caso” nazionale con anche l’assegnazione di premi importanti?
Speravo che il film potesse valicare i confini locali e in questo senso ho cercato di renderlo il più "universale" possibile. Ho voluto anche marcare come l'esperienza dell'Universale sia in qualche modo comune anche ad altre città dove le piccole sale stanno scomparendo a favore di grandi multiplex omologanti.
Certo non riuscivo a sperare in questo "caso mediatico" che il film è diventato, specialmente perchè si tratta di un documentario un genere spesso considerato di serie B. E come documentarista non posso che esserne doppiamente felice.
Franco Mariani
|