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LEO GULLOTTA

 

Il teatro classico e il varietà più chiassoso, il cabaret e gli spettacoli televisivi del sabato sera, gli short pubblicitari e i film da premio Oscar.

E poi, il gusto per il travestitismo frenetico e un'ineguagliata capacità di incarnare personaggi "minori", visti quasi sempre di
sguincio eppure veri e memorabili.

La caratteristica più immediata nell'arte di Leo Gullotta è certo la poliedricità, vissuta però come moltiplicazione espressiva e mai come fuga nella superficialità.

La poliedricità artistica di Gullotta non è solo un fatto di tecnica interpretativa o di naturale predisposizione ad affrontare diversi codici recitativi, viceversa è il risultato di una vera e propria scelta di vita, di una curiosità inesauribile per le varie esperienze dello spettacolo, di una generosità umana e professionale che lo porta a superare i confini delle specializzazioni e delle formule e a frequentare piuttostoi territori delle contaminazioni.

Senza indulgere asno bistiche classifiche di merito (il varietà e il cabaret sono per Gullotta impegni artistici da affrontare con altrettanta serietà dei film di Tornatore e Loy) e con una vigile intelligenza nelle scelte da fare («Meglio interpretare un ruolo secondario in una vicenda ben solida e benscritta - dice Gullotta - che un ruolo da protagonista in una storia idiota»).

Nato nel 1946 a Catania, nel popolare quartiere del Fortino, ultimo di sei figli di un pasticcere, Gullotta Incontra la vocazione d'attore a 14 anni guardandoGassman recitare Adelchi.

È una passione improvvisa che non si ferma più.

Dopo alcune esperienze nelle compagnie teatrali universitarie, Gullotta inizia a recitare per lo Stabile di Catania, dove lavora per dieci anni accanto a grandi maestri come Ave Ninchi, Salvo Randone e Turi Ferro. 

Poi si trasferisce a Roma dove inizia a lavorare nel doppiaggio ma dove scopre, soprattutto, la comicità e il cabaret.

Lavora al "Puff", a "La Chanson" e, infine, approda al "Bagaglino" dove diventa in breve una delle colonne portanti dello spettacolo che gli regala una grande popolarità televisiva.

Nel cinema debutta con Caffè Express di Nanni Loy con Nino Manfredi.

La prima grande prova arriva con Il Camorrista di Giuseppe Tornatore, per il quale riceve il primo David di Donatello come attore non protagonista.

È il film che gli consente di ritornare in Sicilia da attore affermato e di rivederla quindi con occhi più distaccati («Girovagai con la troupe in una Sicilia splendida. Vi ritrovai molte cose, ricordi esensazioni che avevo abbandonato da tempo ma che non avevo dimenticato»).

Con Tornatore si ritrova umanamente, al punto che interpreterà molti dei suoi film successivi, in particolare disegnando una figura indimenticabile in Nuovo Cinema Paradiso.

Per Nanni Loy, altro autore con cui ha lavorato spesso (Testa o croce, Pacco doppio pacco e contropaccotto e Mi manda Picone, che gli valse nel 1984 il Nastro d'Argento), interpreta il ruolo principale in Scugnizzi, curiosa "West Side Story" partenopea, musical ingiustamente sottovalutato dalla critica, dove interpreta il ruolo di un povero impresario che allestisce uno spettacolo teatrale con i ragazzi del riformatorio di Nisida.

Ma è solo l'inizio di una carriera intensa e ricca di ruoli importanti: dal segretario ambiguo di La scorta (1992) di Ricky Tognazzi, al commerciante omosessuale troppo succube della madre di Uomini Uomini Uomini  (1994) di Christian De Sica, al venditore greco della favola ecologica Palla di Neve di Maurizio Nichetti; dalle caratterizzazioni più dichiaratamente comiche (da Selvaggi di Carlo Vanzina a Simpatici ed Antipatici di Christian De Sica) fino al
notevole Il carniere (1996) di Maurizio Zaccaro, dove riceve il secondo David di Donatello, che con grande sensibilità interpreta il ruolo di un giornalista sportivo costretto a raccontare con accenti drammaticamente veri la tragedia bosniaca.

Dello stesso regista, con Un Uomo perbene al festival di Venezia 1999, ottiene uno straordinario successo personale: conquista il suo terzo David di Donatello e il Globo d'Oro della Stampa Estera come migliore attore 2000.

Per la fiction TV dopo il successo di La Madre Inutile di J. M. Sanchez, Cristallo di Rocca di M. Zaccaro, Operazione Odissea di C. Fragasso e Onora il Padre di G. Tescari, con Cuore, ancora una volta a firma di Zaccaro, nel ruolo di un direttore didattico burbero, austero ma umanissimo, riscuote un grande consenso di pubblico e critica.

Ed è proprio per l'interpretazione in Cuore che gli viene assegnato il premio del pubblico Capitello d'oro del Sanniofilmfest 2002: ma va ricordato anche il Telegatto 2002 vinto con questo film-TV.

In ultimo, ma solo in senso cronologico, gli viene attribuito il prestigioso EFEBO d'ORO 2002, sempre per la sua partecipazione al su citato lavoro televisivo.

Sempre con Maurizio Zaccaro nel 2004, ma questa volta anche assieme a Sabrina Ferilli, delinea una umanissima figura di un medico partecipando a Aldilà delle frontiere, TV movie per RAIUNO.

Nel 2004 per la regia di Alberto Negrin, interpreta, in due puntate televisive su RAIUNO, il ruolo di un prete eroe, protagonista ne “IL CUORE NEL POZZO”, storia della vicenda drammatica delle “foibe” che durante l’ultima guerra ha colpito la comunità dalmata istriana nella nascente Jugoslavia: per questa interpretazione gli è stato consegnato l’OSCAR TV.

Sempre per la regia di Zaccaro, nel 2005 racconta con grande maestria e sensibilità il personaggio di Zio Ermenegildo, delicata e vibrante personalità riportata da Vitaliano Brancati nel suo il Bell’Antonio, in un film TV realizzato per RAIUNO.

Nel 2002, per il cinema, con Vajont di Renzo  Martinelli, si conferma interprete di grande spessore: riceve il Ciak d'oro 2002 e il prestigioso Nastro d'Argento 2002 del Sindacato  Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani assegnato nella suggestiva cornice del teatro greco di Taormina.

Per la regia di Luciano Odorisio,nel 2003, disegna con grande sensibilità interpretativa un losco faccendiere in Guardiani delle Nuvole, lavoro questo destinato ai grandi schermi cinematografici.

Per il periodo di Natale 2006, Gullotta torna sugli schermi della RAI con una significativa storia, ambientata nel periodo storico caratterizzato dall’imminente nascita di Cristo, La Stella dei Re per la regia di Fabio Jephcott, interpretando la figura di uno dei Re Magi, Melchior, nel viaggio di ricerca del nuovo Messia, seguendo la scia della Cometa della Rivelazione.

Quanto i personaggi comici da lui interpretati sono chiassosi, ciarlieri, invadenti, tanto Gullotta è timido, introverso, sempre attento ad approfondire più che a sottolineare quel che vede.

Pronto a cogliere le occasioni della commedia come del dramma civile, sapendo, e provandolo ogni volta, che nella recitazione non ci sono sconti possibili: «Una pessima abitudine italiana è sottovalutare il lavoro dei comici» dice Gullotta, «Niente di più errato. Un grande autore, ad esempio Shakespeare, prevede tutto, basta interpretarlo; per realizzare una scenetta comica, invece, è indispensabile provare tutto, spazi - respiri - battute - gesti, non basta la conoscenza tecnica. Bisogna avere orecchio, ritmo, sapersi muovere in sintonia con le aspettative del pubblico».

Ed è quello che Gullotta riesce a fare da anni, senza tradire frenesie e ansia di successo, con una simpatia umana e una voglia di esserci che non accennano a diminuire.

Ad esaustiva testimonianza il suo ritorno al palcoscenico di prosa, stagione 2005/2006, nel lavoro pirandelliano l’Uomo, la Bestia e la Virtù per la regia di Fabio Grossi, in una produzione del teatro Eliseo di Roma, grande successo della stagione a riprova della sua grande duttilità e poliedricità.

Per la sua attività di doppiatore, da voce al personaggio di Ali Babà, nell’omonimo film TV, andato in onda su RAIUNO per il Natale 2008.

Sempre il teatro Eliseo di Roma, nella stagione 2008/2009, porta con grandissimo successo in giro per l’Italia il Piacere dell’Onestà , di Luigi Pirandello e con la regia di Fabio Grossi, partendo per il suo tour dalle tavole del palcoscenico romano che lo produce.

Nel 2009 ha ricevuto in Palazzo Vecchio a Firenze, nel Salone dei Cinquecento, il prestigioso premio "Le Muse".

                                         
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